Superare la paura della morte: uno sguardo nel profondo della coscienz
Nelle profondità dell'esperienza umana c'è una barriera psicologica incredibilmente complessa: la paura della finitudine, che è saldamente fissata nelle nostre idee quotidiane sull'esistenza. Già all'inizio del cammino della nostra vita, evitiamo inconsapevolmente di renderci conto del fatto inesorabile che siamo tutti in attesa dell'inevitabile perdita di vitalità. Questa difesa, che è una risposta naturale al pensiero della morte, ci aiuta a mantenere l'equilibrio mentale, anche se una profonda riflessione e uno sforzo per comprendere la vita potrebbero darci nuove prospettive.Dopotutto, nonostante la nostra capacità di riflettere sulle questioni più fondamentali dell'esistenza, la coscienza quotidiana è soggetta a schemi di pensiero abituali e stereotipati. Questi schemi agiscono come uno scudo efficace, facendo un passo indietro rispetto ai tentativi veramente audaci di arrivare al cuore del Primo Impulso, l'energia primordiale che ci spinge a combattere il finito. In questo modo, l'esperienza della morte viene deliberatamente repressa, rimanendo alla periferia del pensiero quotidiano e dello spazio emotivo, anche se è parte integrante dell'essere.Tuttavia, è proprio nel riconoscimento di questa verità intrinseca che risiede il potenziale per una profonda trasformazione. La consapevolezza dei limiti della nostra mortalità può essere un punto di partenza per ripensare il valore di ogni momento vissuto, per trovare le risorse personali e la forza necessarie per andare oltre il pensiero abituale. Forse è attraverso questo doloroso ma stimolante processo di integrazione che possiamo trovare nuovi percorsi per un'esistenza profonda e consapevole, dove la paura lascia il posto alla vera energia vitale.
Quale barriera psicologica, secondo te, è insormontabile e perché?A mio parere, una barriera psicologica insormontabile è quella che si associa alla paura e alla negazione della finitezza dell'esistenza umana, una barriera che sorge quando si cerca di afferrare e integrare l'idea della morte nella coscienza quotidiana. Nella vita di tutti i giorni, la nostra coscienza evita volutamente di percepire pienamente questo aspetto fondamentale dell'essere, senza cercare di "esplicitare il più possibile il Primo Impulso" o di penetrare nell'essenza di ciò che spinge il nostro desiderio di superare la finitudine. Cioè, nonostante la nostra capacità di riflettere profondamente, la coscienza quotidiana rimane nel quadro di modalità stereotipate, dove l'esperienza della morte è soggetta a repressione ed emarginazione. Tale protezione psicologica diventa irresistibile, poiché è incorporata nella struttura stessa della nostra vita quotidiana e della nostra visione del mondo.Citazioni a supporto:A parte questo fondamentale "limite di risoluzione" dell'ottica della coscienza, la coscienza nell'esistenza ordinaria quotidiana in generale non si sforza affatto di esplicitare il più possibile il Primo Impulso, di portare alla chiarezza e alla chiarezza il suo ricercato e le sue origini: perché è stato ripetutamente tracciato e stabilito (e più profondamente nell'analisi esistenziale di Heidegger) che è caratteristico della coscienza quotidiana, subordinata alle strutture routinarie della vita quotidiana, eludere, allontanarsi dall'esperienza della morte, sottomettere questa esperienza a questa esperienza sfollamento, emarginazione. Di conseguenza, nel quadro dei consueti modi stereotipati dell'esistenza umana e dell'attività della coscienza, sia il "superamento della morte" che il Primo Impulso stesso che lotta per essa rimangono piuttosto vagamente delineati. (fonte: link txt)